temporalità e differenza

Una mattina di primavera del 2006, andai al Comune, per una nuova Carta d’Identità. L’impiegata allo sportello mi osservò per redigere i «connotati e contrassegni salienti». La statura e il colore degli occhi erano quelli previsti, mentre alla voce «capelli» scrisse un termine tanto elegante quanto impietoso: «brizzolati». Ci rimasi male, o meglio provai, inaspettata, la sensazione del tempo trascorso. Fino ad allora, osservandomi, le impiegate avevano sempre scritto: «neri». Il tempo trascorso era ufficialmente impresso nella mia pubblica identità. In realtà un uomo è in costante mutamento, ma nel contempo, apparente contraddizione, permane la sua identità, e non solo quella meramente giuridica.

Dunque il tempo (che è, che passa, che passerà) è ben innestato nella nostra vita. Non solo nella nostra vita, ma in tutte le vite e anche in tutte le vicende della materia, anche laddove l’accadere della vita non si è verificato. Dunque un libro che parla del tempo, per quanto filosofico, per quanto erudito, per quanto all’apparenza specialistico, se ben scritto è sempre un libro che mira dritto al tema di cosa sia l’esser uomini, dritto ai temi di fondo della filosofia.

temporalitaedifferenza

Queste premesse per introdurre Temporalità e Differenza, di Alberto G. Biuso, e capire perché è un libro importante. Anzitutto l’Autore smonta l’illusione, antichissima e moderna nel contempo, di negare il tempo. Ogni tentativo di congelare tutto nella statica identità è fallimentare, infruttuoso, inutile. Io onestamente Severino non lo leggo perché non sono all’altezza, ma di certo qui si parla anche di lui.

«Reversibilità, meccanicismo e identità sono tra di loro strettamente correlate poiché le filosofie dell’identità sono filosofie dell’atemporale. L’assolutizzazione dell’identità, separata dalla dimensione dinamica che la rende sensata, è una forma di necrofilia teoretica. Essendo il tempo l’essere stesso, ogni sua negazione è puro nichilismo» (p. 58)

Il tempo dunque esiste, ed è anche il tempo che si misura, il tempo implicito nel movimento degli astri, un tempo che è senza dubbio indipendente dall’umana esperienza. Ma esiste anche un tempo come esperienza esistenziale, un tempo umano che va ben oltre la misurazione regolare di calendari, meridiane, orologi. Un tempo che si vive in quel presente che da un lato poggia sul ricordo, sul passato senza il quale non saremmo nulla, e dall’altro si sporge con desiderio, paura, speranza, attesa sull’orizzonte del futuro. Anche la tensione verso il futuro è indispensabile, in una vita sana, e Biuso lo ribadisce più volte.

Il tempo però non è soltanto esperienza, percezione, scoperta di un qualcosa fuori di noi. Il tempo siamo noi stessi, in quanto è la natura temporale del nostro esistere a rendercene così impregnati. Nulla in noi è statico, statiche sono le definizioni, statico è il nostro nome, ma tutto in realtà è processo, vicenda d’un grumo di materia che, per un certo tempo appunto, vive l’esperienza cosciente (ma nella consapevolezza di essere solo un episodio).

«Siamo tempo che cammina. La radice più profonda dell’essere persona risiede sempre in questo corpo temporale, nel percorso che il grumo di materia che siamo traccia e lascia dietro di sé e che lo identifica sempre, nonostante gli enormi cambiamenti che esso subisce dalla nascita alla fine. La corporeità coincide con l’esistenza stessa e tale coestensività di esistenza e corpo è una delle ragioni essenziali per le quali l’unico modo di comprendere il corpomente è sentirlo come connaturato all’intero mondo che lo trascende ma del quale esso è anche il centro isotropo da cui dipartono tutti i possibili significati» (pag. 4)

Certamente noi siamo anche capaci di dare un senso a quel che le dotazioni sensoriali ci propongono.

«Il tempo è la tela che l’umano fila e che getta sulla struttura cieca della materia dandole così significato» (pag. 101)

Ma Biuso riesce a mantenere un equilibrio fra le due istanze, quella di un tempo che esiste, comunque, al di là dell’umana esperienza, e quella che evidenzia la forte propensione umana a generare, concepire, essere tempo. Questo si inserisce in una filosofia fortemente antidualistica, che afferra in un unico cardine tutto l’esistere, sia quello intimamente personale, unico e irrimediabilmente solitario, sia quello cosmico, immenso, che solo la filosofia riesce ad afferrare, al di là di ogni illusoria misurazione strumentale.

Sono molto belli anche i riferimenti all’esperienza amorosa. Del resto da sempre il legame fra amore e tempo «desiderato» eterno è manifesto anche in tanti ingenui segnali. Mesi fa feci una bella gita a Boccadasse. In un punto panoramico, dove sostano i giovani innamorati, c’è un povero lampione tutto imbrigliato nei lucchetti. Un tentativo di simboleggiare, nel lucchetto bloccato lì, il tempo, il tempo dell’amore eterno (certo dopo un paio di lucchetti non ci credi più…).

«La mente amorosa si illude di scorgere e trovare un Tu che invece è il riflesso della tenerezza, della determinazione, della potenza con la quale vorremmo fermare l’incessante dissoluzione del κρόνος nell’αἰών fermo e immobile, diventato finalmente un καιρός che duri per sempre» (p. 52)

In effetti καιρός, non significa «lucchetto», ma l’intenzione, a ben vedere, è quella.

C’è molto altro in questo denso, curatissimo, libro. Anche tipograficamente molto ben fatto. Insomma, chi ha un po’ d’amore per la filosofia, deve leggerlo, non s’illuda di cavarsela con queste quattro noterelle che ho scritto io.

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Alberto Giovanni Biuso
Temporalità e Differenza
Leo S. Olschki Editore, 2013
pag. 116
ISBN 978 88 222 6278 3

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17 risposte a temporalità e differenza

  1. pilusmax ha detto:

    mi accontento delle “noterelle” … peraltro molto interessanti

    • diegod56 ha detto:

      In effetti è un libro abbastanza «da filosofi» però la penna dell’amico Alberto è una penna di serie A, priva di quello scrivere un po’ «polveroso» di taluni professori…

      grazie, caro pilusmax

  2. redpoz ha detto:

    una venatura heiddegeriana, mi pare

    • diegod56 ha detto:

      si caro red, è citato più volte anche heidegger, che, come sai, ha affrontato il tema, anzi lo ha messo al centro delle sue tematiche

      io però non ho letto mai direttamente heidegger, lo confesso, lo conosco solo dalle citazioni e dagli studi liceali

      • redpoz ha detto:

        neanche io l’ho letto. e mi sta anche tremendamente antipatico

        • diegod56 ha detto:

          sicuramente Heidegger è antipatico a molti, anche per alcuni aspetti della sua biografia, comunque Biuso non è «figlio» filosofico di Heidegger ma molto invece di Spinoza e Nietzsche, almeno secondo me

        • Biuso ha detto:

          In generale, al di là di Heidegger o di chiunque altro, credo che un filosofo non sia qualcuno con cui andare a cena e che quindi “simpatia” e “antipatia” non possano costituire dei criteri di approccio. I filosofi vanno valutati su ciò che scrivono e sulla forza delle loro argomentazioni. Per questo bisogna leggerli.

          • diegod56 ha detto:

            Certo, bisogna leggerli e studiarli anche. Comunque caro Alberto penso che l’amico red abbia espresso una sensazione soggettiva, in contesto amichevole come questo, senza pensare ad intenti «demolitori» a priori

            debbo dire che Heidgger non è facile da leggere, se non hai una base solida e poi ho l’impressione che sia proprio uno di quei caso dove dovresti leggere in lingua originale (e io non so il tedesco purtroppo)

          • redpoz ha detto:

            corretto e riconosco che la mia “antipatia” non è certo un criterio intellettuale.
            tuttavia, nella mia somma ignoranza, trovo Heiddeger smisuratamente sopravvalutato, specie considerando che svariate sue riflessioni da “essere e tempo” erano già comuni ai presocratici.

            • diegod56 ha detto:

              onestamente, buon Red, io non sono davvero all’altezza di giudicare, avendo poche letture solide al riguardo; i presocratici sono un argomento estremamente interessante, ma anch’esso piuttosto arduo

  3. Biuso ha detto:

    Caro Diego,
    hai comunicato con chiarezza e profonda comprensione alcuni dei nuclei fondanti del libro.
    Grazie ancora una volta a uno dei miei più fedeli lettori, a uno dei migliori.

    • diegod56 ha detto:

      grazie caro Alberto, complimenti anche all’editore, per la qualità della carta, della stampa, della legatura a filo refe; certo il mio commento tralascia anche aspetti importanti (basti pensare alle pagine sulla memoria e su Proust), ma nell’internet è giusto esser brevi

  4. poetella ha detto:

    non leggo i commenti.
    dico solo che, comunque, gli uomini “brizzolati” sono così affascinanti!
    Sarà che l’amore mio, pur avendo un corpo da ragazzo, ha i capelli…d’argento.
    E me fanno morì!
    ;-)
    ciao, Diego!
    E scusa la…monellagine!

  5. Biuso ha detto:

    “svariate sue riflessioni da “essere e tempo” erano già comuni ai presocratici”.
    È per me ragione di stupore come si possa formulare un giudizio così preciso e tecnico su “Essere e tempo” senza aver letto “Essere e tempo”. Come tutte le più feconde manifestazioni umane, anche la filosofia merita rispetto.

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