ma non importa

Il vivere mostra di continuo come al cedere e cadere delle funzioni corporee il mondo subisca una ricollocazione di significati al cui centro sta proprio una progressiva sensazione di estraneità del corpo, come se l’indebolimento o la distruzione delle sue funzioni – il venir meno della salute – producesse la trasformazione della corporeità dal senso di agentività – sono io a muovermi, agire e volere, a governare lo spazio e il tempo – al solo senso di proprietà – sono io che mi muovo e vivo, ma ciò che mi accade non è più determinato da me, sento il corpo sempre come mio ma non più sotto il mio controllo. (A.G. Biuso, in Rivista Internazionale di Filosofia e Psicologia, Volume 3, numero 2, 2012, Pagine 263-265)

È vero che il corpo e la mente non sono affatto separati:  la mente è un processo incardinato nella corporeità. Ma, attenzione, la mente è un processo, un evento di cui la corporeità è supporto essenziale ma non è solo corpo.
Nei libri dell’amico prof. B. questo concetto è ben esposto, ne ho già scritto molte volte. Ora mi soffermo sul problema della malattia. Secondo me la malattia è una ulteriore occasione (dolorosa) per capire, per scandagliare il rapporto fra il corpo e la propria identità, il proprio intimo sentirsi vivere. Da giovani, nel pieno del vigore, il corpo è così efficace a rispondere, ad attuare i nostri impulsi, che quasi non c’è confine percepito fra noi e il nostro corpo. Ma da anziani, quando un ginocchio si ribella e duole, quando magari il cuore non pompa abbastanza per l’amore, quando la forza delle nostre mani non basta, allora il corpo lo si avverte, lo si percepisce. Dunque in qualche modo la malattia (e la vecchiezza) ci fanno percepire di avere un corpo con vivida e spietata sollecitudine. Ma allora noi siamo altro, oltre il corpo, siamo consapevolezza, rimpianto, tempo perduto, ricordo, autosarcasmo a volte.

Si muore un po’ alla volta, da vivi. Ma non importa, un bicchiere di vino, uno sguardo, l’odore di un buon libro, e vivere è sempre bellissimo, i vecchi pirati non si arrendono mai.

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meno scrivo, meglio è
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11 risposte a ma non importa

  1. poetella ha detto:

    e mi piace sopratutto che i vecchi pirati non si arrendano mai.

  2. gelsobianco ha detto:

    Vivere è sempre molto bello.
    Quando si diventa vecchi pirati?
    “Ma allora noi siamo altro, oltre il corpo, siamo consapevolezza, rimpianto, tempo perduto, ricordo, autosarcasmo a volte.”
    Eh, sì! Io aggiungerei a tutto anche l’autoironia che è così indispensabile in ogni stagione della nostra vita!
    Buona notte!
    gb

  3. Sara ha detto:

    Credo di avertelo già detto che invecchiare mi scoccia tantissimo. Sarò una vecchietta incorreggibile, non rinuncerò mai al rossetto!

    • gelsobianco ha detto:

      Purtroppo il rossetto entra nelle rughine della bocca.
      Meglio un lip-gloss grasso.
      ;-)
      gb
      Scusa, diego, questo mio OT.
      Mi divertiva scriverlo… con ironia.

    • diegod56 ha detto:

      cara Sara, nelle immagini che concedi, appari ben giovane

      comunque, è umano, non amare l’invecchiamento, anche se forse è meglio “accompagnarlo” piuttosto che combatterlo frontalmente

  4. Ho imparato, mio malgrado, che si può essere vivi, e persino sereni, anche se il corpo ha perso molte delle sue funzioni e capacità. Basta spostare il proprio punto di osservazione e tutto appare migliore.

    • diegod56 ha detto:

      Grazie, cara Princy, la tua osservazione è ancora più preziosa, al riguardo. Sicuramente il nodo centrale è la questione del «punto di vista». E molto si puo’ apprendere leggendo il tuo bel libro.

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