Non è possibile, appena piove, siamo in allarme. Ricordo il mese di ottobre, negli anni dell’infanzia e della giovinezza, come il tempo degli ombrelli bagnati, in corridoio. Ricordo il gusto di bambino, con gli stivali di gomma e la mantella, a schizzare nelle pozzanghere della strada. Anche l’odore bagnato sul pianale della piccola e rumorosa bianchina, stipata di amici su per le curve del mio quartiere in salita. Tanta pioggia, le mantelle gocciolanti delle reclute in libera uscita, il gorgogliare delle grondaie. Eppure non ci faceva paura. Ora, appena piove, è il disastro incombente. Che ci abbiamo fatto a questa terra così bella e fragile?
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Meta
L’abbiamo ferita… CI …siamo feriti.
in effetti i luoghi, i boschi, i fiumi, i sentieri, i campi, tutto era continuamente amato e rispettato da sapienze antiche, poi invece è arrivato il cemento, la forza bruta dell’irrazionale sfruttamento
così, anche la pioggia amica, che disseta e feconda, diventa torrenziale angoscia
grazie, tramedipensieri, per il brevissimo ma poetico commento
Non l’abbiamo curata… E cosi ora siamo col culo per terra.
sì è così, buon oltreuomo, si è abbandonata la «cura» che la sapienza secolare metteva nel territorio, un tipico esempio in liguria di levante sono stati i famosi muretti a secco, un grande e collettivo lavoro di quotidiana cura del territorio; penso che sia il rapporto fra le popolazioni e la loro terra il punto cruciale, la chiave di ogni problema ambientale
certamente poi ci sono anche le modificazioni del clima, che sono antropiche e ormai apocalittiche