un sacco di juta

Un bel vento teso, dal mare. La funzione di badante del vecchio ferroviere mi libera dall’obbligo di andare da qualche parte, il ferragosto privo dell’obbligo morale di vivere la giornata come la data impone. Col 15 d’agosto puntuale la percezione di metter via un’altra estate, simile alle altre estati ma sempre diversa, la giostra gira ma ogni giro cigola un poco di più. Mi torna in mente una lontanissima estate, oltre sessant’anni fa. A Grondola, sull’appennino verso Parma. Fra i ricordi un mazzo di carte, quelle con ori e bastoni, che, per far dispetto ad un bambino sgarbato, infilai, una ad una, in una grossa bida (così chiamavano la cacca di mucca). Poi mi sentivo in colpa, avevo anche paura di un uomo col sacco di juta in spalla, mi avevano detto che portava via i bambini dispettosi. Ora, sessantadue anni dopo, le paure son diverse, quelle tipiche degli anni cosiddetti maturi. Un bel vento teso, dal mare, appeso a un tubo dei muratori, oscilla un sacco di juta. Non c’è scampo questa volta, chissà.