Non so se capita a tutti, ma forse sì. Il disagio d’ascoltare la propria voce registrata. Mi ha sempre stupito quanto è diversa da quel che credo di percepire, mentre parlo. L’accento di questo lembo di Liguria, il tono cupo di alcune vocali, certo non è voce da fine dicitore. Ma quel che ingenera sottile sgomento è la differenza, sembra un’altra voce. Ma davvero è solo questione di suono? E se fossimo, come da qualche parte scriveva Nietzsche, irrimediabilmente estranei a noi stessi? Il corpo, seppur simmetricamente invertito, lo vediamo bene, nello specchio e lo possiamo anche tastare (sodi muscoli da giovinotto, oggi carne un po’ più esausta…). Ma «noi» siamo il nostro corpo? Sicuramente sì, sicuramente il corpo è quel che c’è, dalla culla, la prima etichetta sul lettino, alla burocrazia cimiteriale. Ma abbiamo, sentiamo, anche un «noi» intimo. Forse un’invenzione, una narrazione da una voce che non c’è, ma crediamo che ci sia. Non so se capita a tutti, ma forse sì.
Direi di sì.
Anche io mi stupisco della mia voce registrata. E chissà come la sentiranno gli altri…
Mah… continuiamo a cercare di conoscerci. Fino alla fine.
si cara L., condividi la mia sensazione
Sempre!
Il fatto è che la nostra voce arriva al nostro orecchio quasi totalmente per via ossea. Agli altri invece arriva per via aerea.
Questo fa si che le armoniche siano differenti, e quindi la voce sia venga percepita come diversa.
Quando sentiamo una registrazione la nostra voce ci arriva per via aerea, per cui è come la sentono gli altri (fedeltà del mezzo registrante permettendo)
in effetti, in termini fisiologici, hai ben ragione ottimo julo, la spiegazione è quella; però lo stupore “soggettivo” permane
Personalmente già non mi piace la mia voce come la sento, ma quando è registrata …… la aborro peggio del gesso che stride sulla lavagna!
Detesto la mia voce registra e filtrata dall’aria, dovrei ricordarmelo spesso per capire chi mi detesta, ma sono troppo presuntuoso per ascoltarmi.