«Le storie sono un teatro a due personaggi, un gatto e un topo, ruoli giocati un po’ dal lettore e un po’ da chi narra. Non è poco ma è tutto qui.»
(da Pasquale D’Ascola, Assedio ed Esilio, pag. 147, Ed. Aracne, 2019)
È davvero possibile scrivere solo per se stessi? Se trasferiamo la domanda sul recitare, sul raccontare a voce alta, pare nitida la stretta necessità di un ascoltatore. A che serve un treno, il capostazione, lo stantuffo sui binari, se non per muoversi e giungere ad analoga ma diversa stazione?
Nello scrivere però abbiamo quelli che redigono un diario segreto, quelli che «io scrivo per me». Non son sicuro che funzioni, se scrivi c’è sempre l’ombra del possibile lettore.
Certo libri ce ne sono tanti, diciamo pure troppi, tutte quelle copertine esposte, come sala da ballo d’altri tempi, con troppe ragazze in attesa e pochi sudati ballerini, cioè pochi lettori.
Ma non importa, mal che vada è sempre un foglio nella bottiglia affidato al mare (quand’era il mare e non una discarica di cotton fioc).
Io scrivo per pochi, pochissimi. Ma uno è infinitamente più grande di zero.
“È davvero possibile scrivere solo per se stessi? Se trasferiamo la domanda sul recitare, sul raccontare a voce alta, pare nitida la stretta necessità di un ascoltatore. A che serve un treno, il capostazione, lo stantuffo sui binari, se non per muoversi e giungere ad analoga ma diversa stazione?… Io scrivo per pochi, pochissimi. Ma uno è infinitamente più grande di zero.” D.B.
Me la tengo cara, caro il mio Bruschino questa del treno con quella chiusa che s’apre su un reticolo di scambi, L’esegesi ferroviaria non può non catturarami e toccarmi, robusta e robrusca. Letta in coppia con mia moglie che ha appena esclamato, Che bello. Avendo avuto per certo oltre a te altri sei, forse sette ascoltaTTori, Assedio è un bel po’ in là.
Desidererei, si licet, trascrivere nel mio blog questa tua postazione così com’è, salvo il refuso La/le all’inizio e la pagina 1147 che indica il tuo involontario considerare Assedio prossimo all’Iliade ( ma adesso non ricordo bene se essa arriva a 1000 pagine). In somma prossimo all’esilio che si sa quando comincia, mai quando finisce.
Domanda: sei riuscito a leggerlo tutto o solo pagina (1)147?
Un abbraccione. Tuo Psq.
certo che puoi trascrivere quel che credi, caro P.
l’ho letto tutto, saltato al massimo due o tre pagine, ma sono alla prima lettura, nella seconda con il lapis sottolineo quel che mi pare essenziale, dopodichè estraggo ancora copiando, come faceva, quando ero soldato, il mio amico Pasquale Falasca (sparito dopo il congedo, ma di lui scriverò)
grazie, ovviamente ci tornerò su
Indubbiamente, 1 è infinitamente più grande di 0.
Uno-lettore può, talvolta, coincidere con l’uno-scrittore.
Scrivere “per se stessi” – quando è davvero tale, si tende ad usare l’espressione in troppe situazioni – significa in prima battuta sdoppiarsi.
grazie CD per la prospettiva che suggerisci; io credo che il discorso sullo «sdoppiarsi» ci porterebbe lontano
Come minimo.
O forse, più che lontano, in profondità.
Gentile Clelia,
sdoppiarsi… bon bon bon, sì sì ma qui è bene non mettere troppe parole anche se posso dire con sicurezza sperimentale che io non ho scritto mai nulla ma che sono stato scritto. Scrivere è una fatalità. E un destino. Ci si alza la mattina a si va all’ufficio di scrittura. Si può scegliere di non scrivere e si vorrebbe, pensando alla valanga di pubblicazioni in atto, che questa fosse l’atto dovuto di molti scriVItori. Ma le cose vanno per il verso opposto. Cordialmente Pasquale D’Ascola
p.s. se vuole chieda a Diego del testo in questione
Grazie Diego di nuovo, ma dopo della lettura a lapis ti chiederò riscontro. Fai mica finta di niente.
Abbracci commossi. Psq.