«Se si puo’ scegliere il luogo in cui stare, qua o là, dobbiamo invece sempre vivere nell’ora e non nel prima o nel poi. Dal tempo non è possibile uscire se non cessando di vivere. Vita significa esattamente tempo vissuto, tempo consapevole di sé, tempo che scorre nel corpo, che è il corpo. […] Il tempo è soprattutto coscienza, in essa abita ed essa è; non nel senso che il tempo dipenda dalla coscienza e ne sia subordinato ma al contrario è la coscienza che è fatta di tempo. Il tempo siamo noi, quindi.» (Alberto Giovanni Biuso, «Temporalità e differenza», Leo S. Olschki Editore, Firenze 2013)
Ecco le luci della città, distendersi verso il porto, fino alle grandi braccia delle gru che non riposano mai. Quante volte, da questa finestra, ora che vien buio presto, ho guardato questo cielo. Queste luci, queste sere sulle case, sulle finestre dove abitano gioie, tristezze, amori, malattie, speranze, ripicche, tutto il rimescolarsi inutile delle umane tribolazioni. Vite che passano. Come la mia, del resto. Ma cosa vuol dire percepire se stessi? Forse son proprio i momenti che stai fermo, allora senti la giostra che gira. Ogni sera è uguale ma anche diversa. Si pensa a quel che è sempre con una goccia di nostalgia per quel che era, però se non la provi, non senti il gusto, il retrogusto un po’ amaro, del vivere.
Ciao Diego caro. Poetella è tornata. Contento?
sì cara L., certo che sì; anche se ho compreso benissimo l’esigenza di fermarsi un po’
La giostra gira sempre ma alla nostra età o in circostanze particolari, ce ne rendiamo finalmente conto. Purtroppo .
comprendo bene quel che intendi, Marina carissima