«Noi non vediamo con gli occhi: vediamo con il cervello, il quale ha decine di sistemi differenti per analizzare gli imput che provengono dagli occhi. Nella corteccia visiva primaria – localizzata nei lobi occipitali, cioè nella parte posteriore del cervello – vi è una mappatura della retina punto per punto, ed è qui che vengono rappresentati luce, forma, orientamento e posizione del campo visivo.»
(da Oliver Sacks, Allucinazioni, Adelphi 2013, pag. 156)
Vedere è attività complessa, continua interpretazione. Sono molto convinto che il bravo artista, quando produce un’immagine, induce l’emozione di chi osserva grazie ad un accadimento, un evento che aggancia l’immagine vista con altri nessi interiori. Non dissimilmente da quel che accade quando una certa sostanza, magari contenuta in una pianta, apre, come fosse la chiave giusta, delle serrature. Sempre ho difficoltà a capire perché un disegno è un bel disegno, forse per questa natura complessa del vedere, anche se non credo al caso. Alcuni colori stanno bene assieme, alcuni tratti stanno bene assieme. «Stanno bene» che significa? La complessità del corpomente è questo stare tutto dentro la biologia e nel contempo non esaurirsi in essa, perchè ogni evento emozionante è anche unico, «è» senza bisogno di altre spiegazioni.
Affascinante quello che scrivi, del resto sta proprio in questo il mistero dell’arte e dell’artista. E nel profondo di ciascuno di noi deve pur esistere qualcosa di insondabile che, stimolato attraverso l’arte, erompe.
sì, cara dafne, è così, ma a me affascina il fatto che il tutto avvenga (in termine filosofico: si eventua) comunque sulla «griglia» della materia, della biologia
se il dualismo cartesiamo è tramontato, l’enigma è in questo essere pensiero e materia inseparabili, alla fine
anche io sono convinta che biologia e filosofia siano rette parallele che all’infinito coincidono