Fare politica, vuol dire plasmare la pòlis, innestare dei processi virtuosi, costruire, scolpire un proprio progetto di società?
Oppure fare politica vuol dire farsi tramite di istanze già presenti, desideri già latenti nella cittadinanza?
Da un lato c’è il rischio del potere per il potere, dall’altro c’è il rischio del qualunquismo, della lagna senza costrutto.
Far politica vuol dire, a mio avviso, avere il coraggio di non credere alle soluzioni facili.
Il termine plasmare non mi piace.
…fare politica significa anche “participazione”. lavoriamo insieme nel rispetto delle regole.
buona giornata
è vero cara Trame, nella volontà di plasmare c’è insito un problema di potere che, talvolta, è fine a se stesso
Caro Diego,
ogni cittadino, a modo suo, “fa politica “. Il problema è dunque semantico. Se ci riferiamo ai facitori di politica professionisti (dirigenti di partiti, amministratori a vari livelli dal consigliere comunale al deputato…) il discorso si fa complesso. Lei chi aveva in mente?
in questo caso, caro Prof. W., mi riferisco a chi «fa politica» come professione o quantomeno con un ruolo importante; e il dilemma è proprio come è giusto che costui si comporti, cioè come «tramite» delle istanze del corpo sociale o come «scultore» del corpo sociale stesso; a mio avviso la strada giusta è nel mezzo
non credere alle soluzioni facili dovrebbe essere la prima lezione.
chiunque dica di averne, mente.
sul fare politica nel senso che ti chiedi, avevo affrontato il tema qui:
http://redpoz.wordpress.com/2012/03/24/politici-seri-ed-no-tav/
ovviamente, non vi troverai risposte…
grazie della segnalazione, in effetti è una questione complessa perchè è un equilibrio «instabile» fra la giusta protesta e la serietà del governare «vero»; probabilmente la propaganda a volte prevale sul ragionamento serio, anche se un lavoro politico troppo «chiuso» nella cerchia degli esperti presenta altri rischi; non c’è una soluzione definitiva, ma solo la verifica, e purtroppo in tempi lunghi, dei risultati